DROGA UTILIZZATA FOGLIE - FRUTTI - SEMI |
PRINCIPI ATTIVI Momordicina I e II, cucurbitacina, glicosidi (momordina, charantina, charantosidi, goiaglicosidi, momordicosidi, composti terpenoidi (momordicina-28, momordicinina, momordicillina, momordenolo, momordolo), proteine citotossiche come momorcharina e momordina, beta-carotene, Vitamine A, B1, B2, C, ferro |
TOSSICITÀ | RELATIVA A QUANTO SPECIFICATO |
CONTROINDICAZIONI FAVISMO (A CAUSA DELLE "VICINE" CONTENUTE NEI SEMI). NON FAR INGERIRE I SEMI AI BAMBINI ED EVITARE L'USO IN GRAVIDANZA. |
AVVERTENZE ANCHE SE LARGAMENTE USATA COME ALIMENTO SI CONSIGLIA -PER L'USO FITOTERAPICO- DI ASSUMERE SOTTO CONTROLLO DEL MEDICO, IN QUANTO GLI ESTRATTI, STUDIATI IN VITRO, NON SONO ANCORA STATI TESTATI CLINICAMENTE. |
EFFICACIA TERAPEUTICA DIPENDENTE DALLE SPECIFICHE E DALLE FORME TERAPEUTICHE |
NOTE DI FITOTERAPIA Due composti estratti dala Charantia, acido α-eleostearico (dai semi) e l'acido 15,16-diidrossi-α-eleostearico (dal frutto), inducono l'apoptosi delle cellule leucemiche in vitro. Diete contenenti 0,01% di olio di Charantia (0,006% di acido α-eleostearico) prevengono la carcinogenesi del colon indotta nei ratti. I test con estratti di foglie hanno dimostrato attività in vitro contro l'herpes simplex di tipo 1 del virus. I test di laboratorio suggeriscono che i composti di Charantia potrebbero essere efficaci per il trattamento dell'infezione da HIV e che l'ingestione del frutto sia in grado di compensare gli effetti negativi degli stessi farmaci anti-HIV.
[Tratto da Fitoterapia33 10-04-2016]
"I momordicosidi contenuti nella Momordica charantia sono in grado di stimolare la traslocazione del trasportatore GLUT4 alla membrana negli adiposità, e di momordicilina e momordenolo, che inibiscono invece una glicogeno sintesi chinasi (GSK-3); il polipeptide-p infine ha dimostrato effetti ipoglicemizzanti in vivo. Un altro importante componente attivo recentemente scoperto è un polipeptide in grado di attivare il recettore dell'insulina, detto mcIRBP, il cui meccanismo d'azione è stato oggi pienamente delucidato. La frazione attiva di questo peptide è il residuo di 19 aminoacidi carbossiterminale, caratterizzato da una struttura beta-hairpin in grado di interagire con il recettore insulinico (IR) ed incrementarne la sensibilità all'insulina. Si ottiene così sia -in vitro- un aumento dell'intake di insulina da parte di cellule adipose in coltura, sia -in vivo- una aumentata clearance del glucosio ed una incrementata tolleranza in topi diabetici di tipo 1 e di tipo 2. Studi in database proteomici hanno infine rivelato che motivi simili per sequenza e struttura tridimensionale sono contenuti in peptidi presenti in molte specie vegetali quali zucca, riso, pompelmo, vite e rosmarino. Lo studio, ancorché precilinico, è molto interessante non solo per la buona qualità metodologica espressa ma anche per il potenziale impatto su una delle patologie più diffuse al mondo, che affligge 387 milioni di persone e causa quasi 5 milioni di morti l'anno causando inoltre ingentissime spese per qualsiasi sistema sanitario nazionale. Confermando questi studi sull'uomo si potrebbe infatti produrre una nuova classe farmaceutica dal basso costo e dagli scarsissimi effetti collaterali."
[Lo,H., et al. Food Chem. 2016 Aug 1;204:298-305. doi: 10.1016/j.foodchem.2016.02.135.]
[Matteo Floridia CERFIT Biotecnologo
AOU Careggi - Università di Firenze] |
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